Ius sanguinis per via paterna
Non si può comprendere bene cosa si intende per cittadinanza "via paterna", se non si ragiona in contrasto con l'ipotesi opposta, cioè la cittadinanza "via materna". Quindi è necessario partire con una premessa.
Esempio di casi di successo
Altro esempio di casi di successo
Altro esempio di casi di successo
Altro esempio di casi di successo
Le domande di cittadinanza iure sanguinis, presentate dai discendenti di avi italiani emigrati all'estero, possono rientrare in due fattispecie ben distinte:
- la via materna, se nella linea familiare è presente una donna nata nel paese di emigrazione che ha avuto figli prima del 1948 o si è sposata con cittadino straniero, il cui Stato prevede la trasmissione automatica della cittadinanza alla moglie straniera per effetto del matrimonio. In questi casi, attualmente, l'unica opzione disponibile è il ricorso al giudice, perché ai sensi delle norme applicabili prima dell'entrata in vigore della Costituzione (legge n. 555 del 1912), la donna non poteva trasmettere la cittadinanza ai figli e perdeva la propria sposando un cittadino straniero. Ciò significa che se il discendente di sangue italiano con un caso di via materna presenta l'istanza in via amministrativa si vedrà sicuramente rigettare l'istanza, con le motivazioni sopra descritte.
- la via paterna, ovvero tutti gli altri casi, quando la linea familiare è composta da soli uomini, o comunque, in presenza di donne, i discendenti delle stesse sono nati dopo il 1948. Qui l'amministrazione non contesta il diritto. La domanda può quindi presentarsi in via amministrativa, con doppia opzione: all'estero, tramite consolato italiano, oppure in Italia, previa fissazione della residenza e con il vincolo di dover soggiornare per il tempo necessario al completamento della procedura. La via ordinaria è senza dubbio quella del consolato italiano, posto che difficilmente i richiedenti possono abbandonare casa, famiglia e lavoro per soggiornare dai 3 ai 6 mesi in Italia, con tutti i costi che tra l'altro ne conseguono.
La difficoltà di avvalersi della procedura consolare, nei casi di via paterna, deriva dal fatto che la grande maggioranza di richiedenti la cittadinanza italiana iure sanguinis di regola si concentra in Stati, e regioni, altamente affollate di popolazione di sangue italiano; i consolati sono pertanto saturi di domande di cittadinanza iure sanguinis e impongono file di attesa eccessivamente lunghe.
Il caso classico è quello del Consolato Generale d'Italia a San Paolo, in Brasile, dove l'attesa media, oggi, è di 12 anni solo per essere chiamati a presentare la documentazione.
Nella maggior parte dei consolati italiani in Brasile la procedura prevede la presentazione di una prima istanza, che altro non è che una richiesta di appuntamento: dalla data d’invio della richiesta di convocazione e la convocazione stessa trascorre un tempo lunghissimo: come detto, per San Paolo l’attesa è stimata attualmente in 12 anni.
Ma ci sono file lunghe anche per Curitiba, Porto Alegre, Recife. La convocazione avviene tramite sito internet dell'autorità consolare, che i richiedenti devono stare attenti a controllare nei momenti giusti.
Ne esce fuori un sistema assolutamente anomalo, che calpesta i princípi fondamentali del procedimento amministrativo e vede "congelare" il diritto alla cittadinanza italiana iure sanguinis per tempi eccessivamente lunghi.
Diventa quindi un'opzione reale, accessibile, per il richiedente la cittadinanza iure sanguinis via paterna, delegare tutta la questione della sua cittadinanza al tribunale di Roma, in tempi decisamente più ristretti (di media due-due anni e mezzo per ottenere il provvedimento giudiziale).
La causa di cittadinanza via paterna è molto più complessa di quella via materna, perché qui esiste contraddittorio con la controparte, ovvero con il Ministero dell'Interno. Il contraddittorio ruota sull'"interesse ad agire", requisito dell'azione nella legge processuale italiana: ogni volta che si richiede la tutela giurisdizionale deve sussistere un "interesse ad agire", ovvero è necessario che il bene richiesto dall'interessato sia controverso e questi non abbia altra via che il giudice per ottenerlo.
La domanda, allora, diventa: una volta che la cittadinanza iure sanguinis via paterna non è oggetto di contestazione da parte dell'amministrazione (a differenza dei casi di via materna), e che l'istanza, pertanto, può essere presentata in via amministrativa, esiste l'interesse ad agire?
Ovvero: può dirsi che l'interessato non abbia altra via se non il giudice per vedere soddisfatto il proprio diritto? Il Ministero dell'Interno sostiene di no.
Andiamo a vedere qual è la tesi che invece noi, ragionevolmente, potremo sostenere in giudizio a tutela dei nostri clienti.
La giurisprudenza, in passato, si è mostrata altalenante nel riconoscere accesso alla tutela giurisdizionale al discendente di avo italiano per via paterna.
A un orientamento favorevole, si contrapponeva uno contrario, il quale affermava che il discendente per via paterna non può esercitare il diritto in sede giudiziale, poiché la sua cittadinanza può ottenersi in via amministrativa: il richiedente non avrebbe quindi interesse ad agire, mancando controversia..
Negli ultimi anni, però,la giurisprudenza del Tribunale di Roma ha inteso dare pieno accesso alla tutela giurisdizionale anche ai discendenti di avo italiano per la via paterna, riconoscendo che i tempi lunghissimi di attesa imposti da taluni consolati italiani configurano una lesione del diritto soggettivo avente ad oggetto il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis.
Ad esempio, la sentenza del Giudice Dott. Rosetti, del 24.02.2017, che ha dato atto della “dimensione del fenomeno e la condizione di sostanziale paralisi in cui versano gli uffici competenti in ragione della mole delle domande presentate”, riconoscendo l’“assoluta incertezza in ordine alla definizione, da parte dell’Autorità consolare, della richiesta presentata dagli attori”.
Di conseguenza, è stato ritenuto esistente l’interesse ad agire, poiché “l’incertezza in ordine alla definizione della richiesta di riconoscimento dello status civitatis italiano iure sanguinis, il decorso di un lasso temporale irragionevole rispetto all’interesse vantato, comportante peraltro una lesione dell’interesse stesso, equivalgono ad un diniego di riconoscimento del diritto, giustificando l’interesse a ricorrere alla tutela giurisdizionale”.
Tra le più recenti, inoltre, si deve citare la sentenza del Tribunale di Roma, Sezione Diritti della Persona e Immigrazione Civile, Giudice dott.ssa Ciavattone del 23.03.2018, nella cui circostanza è stato dichiarato ancora che “il decorso di un lasso di tempo irragionevole rispetto all’interesse vantato, comportante peraltro una lesione dell’interesse stesso, equivalgono ad un diniego di riconoscimento del diritto, giustificando l’interesse a ricorrere alla tutela giurisdizionale”.
La via giudiziale paterna è pertanto una strada reale, effettiva, che il nostro studio suggerisce con convinzione; e in effetti abbiamo diverse decine di clienti con processi incardinati presso il Tribunale di Roma, proprio sostenuti sulle premesse giurisprudenziali sopra esplicate. Nel gergo, viene definita azione "contras filas".
Ma la proponiamo con cautela. Nel senso che bisogna previamente accertare che, sulla base della residenza dei nostri assistiti, il Consolato italiano di riferimento presenti effettivamente una lunga lista di attesa in grado di frustrare il diritto al riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis via paterna.
E' indispensabile ribadire, infatti, che la soluzione appena prospettata riguarda soltanto casi in cui i Consolati italiani impiegano tempi molto lunghi per definire il procedimento.
Non è quindi una via accessibile per tutti; più precisamente, la via giudiziale non può riguardare i casi dei richiedenti i cui Consolati di riferimento impiegano tempi simili a quelli processuali (come detto 2 anni - 2 anni e mezzo) per emettere il provvedimento.
Si tratta quindi di un'alternativa cui possono fare affidamento soltanto le persone che, in base al proprio Stato di residenza, sarebbero obbligati a presentare la domanda amministrativa in Consolati particolarmente oberati di domande di cittadinanza, noti per imporre ai richiedenti una lista di attesa considerevole. Per questo motivo, inevitabilmente, si deve fare riferimento ai Consolati di quegli Stati in cui si concentra la popolazione di sangue italiano, come ad esempio il Brasile.
Fermo restando che la lunga fila di attesa del Consolato dovrà essere dimostrata con idonea documentazione nel processo, al fine di dimostrare la inaccessibilità del rimedio amministrativo, e quindi l'obbligo di fatto di procedere al ricorso all'autorità giudiziaria.
Jus sanguinis o Ius sanguinis per via paterna e riconoscimento della cittadinanza per linea paterna con lo Studio legale Avvocato Francesco Boschetti
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